venerdì 2 novembre 2012

Il conte di Montecristo : quando la "parola" ci rende liberi

Probabilmente molti di voi conosceranno questo celebre romanzo di Dumas, il quale é stato fonte di svariate reinterpretazioni cinematografiche. Ieri sera, mentre ero sul divano con mia madre, ho visto proprio una di queste versioni cinematografiche.
Cosa c'entra tutto questo con la scuola, vi chiederete? C'entra, c'entra.
Ebbene il protagonista, lo sfortunato Edmond Dantès, viene imprigionato ingiustamente a vita per alto tradimento, e questo per aver promesso a Napoleone Bonaparte (esiliato sull'isola d'Elba ) di consegnare una lettera dal contenuto apparentemente innocente ad un altro uomo una volta tornato a Marsiglia.
Quella lettera, purtroppo, un contenuto innocente non aveva ed il povero Dantès viene sbattuto in una cella da un giorno all'altro. Tralasciando i risvolti ed il seguito della storia, accusato di possedere una lettera dal contenuto tanto pericoloso Dantès risponde : "Ma io non lo immaginavo. Bonaparte mi aveva detto che era una lettera innocente, ed io gli ho  creduto perché NON SO LEGGERE".
Questa storia mi fa tornare allora alla mente le famose parole di Don Milani, quando ci suggerisce che "é solo la lingua che ci rende uguali. Uguale é chi sa esprimersi e intendere l'espressione altrui".
Non a caso la prima cosa che il protagonista chiederà all' abate Faria incontrato in prigione, sarà proprio quella di insegnargli a leggere e a scrivere. Non solo attraverso il denaro acquisito durante la scoperta del tesoro, dunque, ma anche attraverso l'istruzione Dantès, una volta evaso, potrà divenire il conte di Montecristo.
Ancora una volta, la parola nobilita l'uomo.